Segnalazione di odori molesti: 3 cose da sapere

Pubblicata da GeoNose il 17 Ottobre 2019
Approfondimento

Per un approccio corretto al tema, bisogna caratterizzare le emissioni odorigene, rendere oggettive le misurazioni e monitorare il territorio

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L’odore molesto è un problema particolarmente sentito dalle persone a causa del forte disagio che può creare. Un disagio che può dare origine, nei casi più gravi, a malessere e disturbi.

Ma che cos’è l’odore e quando si considera molesto?

In generale l’odore viene definito come “la sensazione prodotta dal contatto tra le molecole emanate da una sostanza e i recettori dell’olfatto”.

Tuttavia la percezione dell’odore può essere molto soggettiva in quanto la risposta ad uno stimolo odorigeno dipende da diversi fattori:

  • rivelabilità o soglia (concentrazione minima necessaria alla produzione di uno stimolo);
  • intensità (forza dell’odore intesa come intensità percepita);
  • qualità (tipologia di odore);
  • tono edonico (grado di piacevolezza/spiacevolezza).

Chiaramente la soglia di attenzione e quindi la percezione di fastidio aumentano in presenza di odori considerati sgradevoli.

Le fonti di odore molesto possono essere le più disparate (allevamenti, impianti di compostaggio, discariche, impianti di depurazione, etc..) e spesso è difficile individuare la causa scatenante, soprattutto nel caso di realtà produttive complesse.

Di seguito cerchiamo di riassumere in tre punti quello che c’è da sapere in materia di emissioni odorigene.

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1. L’inquinamento odorigeno e le complessità della sua gestione

Il fenomeno di inquinamento odorigeno è molto difficoltoso da gestire, non solo per l’elevata soggettività della percezione dello stimolo, ma anche per altri motivi quali:

  • difficoltà ad individuare le emissioni e discernere le cause: si pensi a poli industriali molto strutturati ed eterogenei o alla presenza in una determinata zona di impianti le cui emissioni odorigene possono essere molto simili tra di loro;
  • ignoranza in materia: in alcuni casi, come ad esempio per le lamentele da parte della popolazione nei confronti di una realtà industriale, non sapendo distinguere le diverse tipologie di odore, si tende ad attribuire la causa del disturbo odorigeno all’impianto stesso non considerando eventuali altre realtà impattanti presenti sul territorio circostante;
  • misure di immissione difficili ed emissioni non campionabili: molto spesso si incontrano delle difficoltà nel prelevare campioni di odore presso le emissioni (ed esempio per punti non raggiungibili in sicurezza, impossibilità di utilizzare la strumentazione disponibile), inoltre la misura in immissione ai recettori risulta spesso onerosa e complessa;
  • discrepanze tra normative disponibili e richieste nate dai contenziosi: viene richiesto dalla magistratura di definire il grado di tollerabilità di un’immissione odorigena, ma al momento non esistono limiti legislativi che definiscano l’emissione odorigena in modo univoco.
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2. Rendere oggettivo e misurabile un odore

Attualmente la disciplina che permette di caratterizzare le emissioni odorigene in termini di concentrazione di odore è l’olfattometria dinamica la quale prevede, secondo la norma UNI EN 13725:2004 e mediante un panel di persone adeguatamente selezionate, di determinare la soglia di rivelabilità di odore secondo una serie di procedure che permettono di oggettivare la misura.

Ne parliamo più dettagliatamente in questo articolo, ma in generale va evidenziato che gli odori sono soggetti a controllo e regolamentazione in diversi paesi, il che rende sempre più necessario lo sviluppo di specifiche tecniche per la quantificazione degli impatti odorigeni.

La standardizzazione della metodica ha migliorato accuratezza e ripetibilità dei risultati, limitando gli effetti della variabilità dell’olfatto umano fra soggetti diversi.

Inoltre i risultati che si ottengono con l’olfattometria dinamica possono essere utilizzati come dati di input per l’applicazione di specifici modelli di dispersione per la valutazione della ricaduta degli odori sul territorio.

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3. Monitorare il territorio

Il terzo aspetto da considerare in una logica di corretta analisi e segnalazione degli odori molesti è quello del monitoraggio del territorio. La sinergia fra aziende, cittadini, Amministrazioni Pubbliche e Enti di controllo è di fondamentale importanza in questo senso.

Le campagne di rilevamento su territori caratterizzati da inquinamento odorigeno avviate recentemente da alcuni Comuni, si sono rivelate estremamente utili per comprendere le cause del fenomeno e correggerle in modo strutturale.

Nella pratica i cittadini segnalano la presenza di una molestia olfattiva al Sindaco il quale fa eseguire indagini, compresa, se tecnicamente fondata, l’esecuzione di campionamenti alle emissioni finalizzati alle verifiche analitiche di tipo chimico per identificare, se possibile, alcuni componenti dell’odore molesto.

Per facilitare l’interpretazione della situazione da parte degli organi tecnici, è importante che il reclamante fornisca le più dettagliate indicazioni in modo da poter indirizzare le indagini e quantificare il disturbo. Di solito gli odori sono più avvertibili alla mattina e all’imbrunire, per motivi meteoclimatici (inversione termica); è possibile, peraltro, nel caso di aziende, che siano legati solo a determinate lavorazioni, effettuate discontinuamente.

Le campagne di rilevamento possono avere durata variabile (in genere 6-12 mesi) e prevedono le seguenti fasi:

  • sopralluogo con definizione dei punti di indagine nel territorio circostante all'impianto e dei percorsi di misura;
  • selezione degli esaminatori con prova in camera olfattometrica;
  • addestramento degli esaminatori che eseguiranno le analisi sul campo;
  • monitoraggio;
  • elaborazione dei dati e presentazione dei risultati.

Questi metodi di rilevamento che uniscono approccio tecnico e scientifico, consentono di classificare, monitorare e gestire al meglio le emissioni odorigene sul territorio, riducendo i contenziosi che possono nascere fra le parti coinvolte.