Il problema delle emissioni odorigene è sempre esistito, ma solo negli ultimi è stato riconosciuto come una forma di inquinamento a tutti gli effetti ed è stata riconosciuta l’effettiva necessità di inserirlo nel quadro normativo nazionale.
Infatti, fino all’entrata in vigore del D.lgs. 183/2017 e all’introduzione dell’art. 272 bis nel Testo Unico Ambientale (D.lgs. 152/2006) non era presente una norma di riferimento specifica sul tema dell’odore.
L’articolo 272 bis demanda l'emanazione di leggi ad hoc sull’argomento alle singole Regioni, ma esplicita che l’odore è una problematica che deve essere affrontata in fase di autorizzazione delle varie attività produttive.
In Italia, il primo riferimento normativo relativo alle emissioni odorigene risale al 1930, con l’art. 674 del Codice Penale, in cui in realtà non compare il termine odore ma si parla di “Getto pericoloso di cose” (Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda […]).
Sempre in termini qualitativi, ma questa volta in ambito civile (Art. 844 del Codice Civile), viene trattato il tema delle “Immissioni” (Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi).
L’odore fa la sua prima comparsa nel quadro normativo nazionale nella Parte quarta del D.lgs. 152/2006 in cui nell’art. 177: i rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: […] b) senza causare inconvenienti da rumori o odori […].
Anche in questo caso, in cui si parla di “normale tollerabilità”, non vengono definiti limiti quantitativi da rispettare.
La mancanza di un riferimento normativo a livello nazionale e la necessità, hanno spinto gli enti regionali e gli organi di controllo ad attivarsi con leggi regionali, linee guida e altri tipi di prescrizioni.
Già nel 2003 infatti, l’APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) pubblica delle linee guida “Metodi di misura delle emissioni olfattive” in cui viene trattato il tema delle molestie olfattive di diversi impianti produttivi e della misura dell’odore con l’olfattometria dinamica (UNI EN 13725:2004).
Tra i provvedimenti a livello regionale, di seguito vengono citati alcuni esempi:
Finalmente, il 19 dicembre 2017, con il D.lgs. 183/2017, viene introdotto l’Art. 272 bis nel D.lgs. 152/2006, il quale affida alle Regioni la facoltà di legiferare, per mezzo di provvedimenti autorizzativi, in materia di emissioni odorigene le quali vengono riconosciute a tutti gli effetti come una forma di inquinamento soggetta a limiti e il cui superamento sia sanzionabile.
Si riporta di seguito un estratto del comma 1 dell’art. 272 bis:
“La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo […]:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;
b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento;
c) procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento;
d) criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.”